Il piccone demolitore e risanatore della Roma fascista

In accordo con You Tube ed Archivio Luce le nostre attualità sui materiali dell’Archivio. Rapide incursioni tra i cinegiornali in occasione di ricorrenze e fatti
di 18 Marzo 2013 1

Demolizioni dell’Augusteo, di Mario Mafai

Prendendo spunto da un cinegiornale del marzo di 76 anni fa ricostruiremo con le immagini Luce il progetto di Mussolini per la nuova Roma dell’era fascista.

“Migliaia di persone sono andate raccogliendosi nella piazza che ci appare anche più vasta in seguito alle felici opportunissime demolizioni volute dal Duce per il risanamento delle zone circostanti la Basilica”: così Giulio Castelli su la Stampa del 29 marzo 1937 commentava a margine della grande festa per il ritorno, dopo una malattia, di Pio XII alla loggia di san Pietro per la benedizione pasquale, i lavori per l’abbattimento della “spina di Borgo”.

Aggiungiamo un’altra testimonianza, questa volta del 2000. «Avevo quattro anni quando vidi per la prima volta San Pietro e fu proprio per il Giubileo del 1925. Ero in compagnia di mio padre, venivamo da Trastevere, dove ero nato in via San Cosimato e dove vivevo con la mia famiglia. Arrivammo percorrendo i vicoli, che poi furono distrutti, di Borgo Pio: un ammasso di casupole, piazzette, stradine. Poi, dietro l’ultimo muro di una casa che si aprì come un sipario, vidi questa immensa piazza. Il colonnato del Bernini, la cupola. Un colpo di scena da rimanere a bocca aperta. Ecco, quello che ricordo di più di quel Giubileo fu questa sorpresa»:  il testimone è Alberto Sordi, che, in un’intervista sul suo rapporto con la città eterna, ricordava  l’effetto scenografico provocato dalla visione della cupola di San Pietro, che appariva improvvisamente, prima delle demolizioni del ventennio, dai vicoli di Borgo nuovo.

Il cinegiornale sulla “zona dei borghi” raccontava quindi l’avanzamento degli interventi di demolizione  – decretati all’indomani della Conciliazione tra il fascismo e il Vaticano – che prevedevano la distruzione dell’antico tessuto urbano del quartiere Borgo Novo per creare uno scenografico collegamento tra San Pietro e il Tevere. Il progetto, che sarà avviato dal colpo di piccone di Mussolini stesso, seguiva un progetto di due architetti di riferimento del regime, Attilio Spaccarelli e Marcello Piacentini: li vediamo nel 1936 accanto al Duce a Castel Sant’Angelo mentre una panoramica mozzafiato mostra il paesaggio urbano ancora intatto. Le immagini dei vecchi edifici dei Borghi sono conservati anche nei fascicoli  dell’archivio online di Antonio Cederna che agli “sventramenti fascisti” dedicò un celebre volume (Mussolini Urbanista).

«Avevo quattro anni quando vidi per la prima volta San Pietro e fu proprio per il Giubileo del 1925. Ero in compagnia di mio padre, venivamo da Trastevere, dove ero nato in via San Cosimato e dove vivevo con la mia famiglia. Arrivammo percorrendo i vicoli, che poi furono distrutti, di Borgo Pio: un ammasso di casupole, piazzette, stradine. Poi, dietro l’ultimo muro di una casa che si aprì come un sipario, vidi questa immensa piazza. Il colonnato del Bernini, la cupola. Un colpo di scena da rimanere a bocca aperta”: il ricordo di Alberto Sordi, per una Roma che non c’è più

Se questo era il segno della Roma di Mussolini sulla città dei papi, ben più profondo e vasto era il progetto del Duce per la grandezza della capitale del Fascismo, erede della Roma imperiale. Al piccone demolitore, “diretto” da Antonio Munoz,  al vertice degli Uffici Antichità e Belle Arti del Governatorato, il compito di liberare l’antica Roma dalle “deturpazioni” medievali e barocche, far emergere con scavi archeologici i fori di Cesare, Augusto, Nerva e Traiano, isolare i monumenti (“I monumenti millenari della nostra storia debbono giganteggiare nella necessaria solitudine”  aveva spiegato in un celebre discorso del 1924 disegnando il profilo della nuova Roma) e costruire il nuovo spazio urbano per le grandi adunate: sbancamenti e distruzioni del tessuto cittadino cambieranno il volto del centro storico (in linea con gli sventramenti dell’Italia liberale) .
Vediamo le immagini: con Archeologia a Roma (1929) siamo a ovest del Campidoglio, nell’attuale via del Teatro di Marcello, i lavori per la costruzione della via del Mare cambieranno il volto dell’antica strada; con “apertura di una nuova via” tra piazza Venezia e la Bocca della Verità, i lavori proseguono alacremente; con “attuazione del piano regolatore” del 1931 sono visibili le demolizioni del quartiere Alessandrino, dove un reticolo di strade e abitazioni lascia il posto a via dell’Impero, che vediamo in queste suggestive immagini in  soggettiva. Spostiamoci velocemente verso palazzo Madama: anche quest’area sarà teatro di nuovi “lavori urbanistici” per la creazione di un nuovo asse di attraversamento, corso del Rinascimento, progettato dall’architetto Arnaldo Foschini che vediamo soffermarsi accanto a Mussolini nei pressi di Corsia Agonale.
Il cinegiornale racconta anche i lavori per l’isolamento del Mausoleo di Augusto; un servizio, due anni prima, aveva mostrato il Duce picconare con soddisfazione e rimuovere le tegole del tetto di una vecchia casa presso Ripetta. Qui vediamo anche l’olio di Mario Mafai che, nel 1936, racconta le demolizioni e ritrae ancora il vecchio auditorio del Teatro Augusteo, luogo scelto per l’attività concertistica dell’orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Nel 1937 il teatro è smantellato. La Bibliomediateca dell’Accademia di Santa Cecilia conserva più di 3000 recensioni agli spettacoli (consultabili online in pdf) ed altre testimonianze sull’abbattimento del teatro (anche il disegno a carboncino di un musicista, pittore, Aldebrando Madami).
Per l’ampliamento di via dei Sediari è il Duce a dare il colpo di piccone (Inaugurazione da parte di Mussolini…). Le demolizioni del centro storico creano migliaia di sfollati; per essi il regime creerà le case popolari in diversi quartieri della città: Garbatella, Villa Pamphili,  Montesacro…
“Dobbiamo creare un nuovo patrimonio da porre accanto a quello antico, dobbiamo crearci un’arte nuova, un’arte dei nostri tempi, un’arte fascista”:  la frase di Mussolini esposta all’ingresso della Mostra di architettura razionalista del 1931 chiarisce bene i compiti assegnati dal fascismo ai giovani razionalisti italiani. Case, edifici pubblici (sedi di ministeri, caserme, poste) nuove costruzioni per l’edificazione della Roma fascista, moderna e imperiale al tempo stesso. Nascono la citta dello sport (il Foro Italico) la città universitariala città del cinema (Cinecittà, l’Istituto Luce e il Centro Sperimentale di Cinematografia ) il nuovo quartiere dell’Eur. Nel servizio del ’39 è ancora in costruzione la sede definitiva del Centro sperimentale di cinematografia; si fa lezione nei locali provvisori di  Via Foligno e a battere il ciak è un illustre docente del corso di regia: Alessandro Blasetti. L’espansione di Roma verso il mare, una via imperiale (l’attuale Cristoforo Colombo) verso il Tirreno, un’esposizione mondiale progettata per il 1942: così nasce l’Eur che intravvediamo tratteggiata nei plastici e la cui costruzione sarà fermata dalla guerra, che trasformerà anche  i giardini dell’Università in orti per l’autarchia alimentare.

Chiudiamo questa breve rassegna con un cinegiornale – una sorta di “city symphony” di propaganda – dedicato al risveglio della città. Siamo nel 1937 e la Roma di Mussolini con le sue cento ciminiere, il suo operoso milione di abitanti, mostra i ritmi pulsanti di una metropoli. Con il Duce che veglia.


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La fotografia piccola è Piazza Rusticucci, s.d., conservata dall’Archivio Cederna

Per orientarsi nella Roma degli anni Venti può essere utile la mappa di Roma pubblicata dalla Guida Rossa TCI 1925, prima edizione