Matteotti, il nemico della sagre. Viaggio nel museo virtuale della Fondazione Matteotti

di 10 Luglio 2025 Commenti disabilitati su Matteotti, il nemico della sagre. Viaggio nel museo virtuale della Fondazione Matteotti
Foto del tesserino di accesso alla Biblioteca della Camera del deputato Giacomo Matteotti. Fondazione di studi storici Filippo Turati

Martire fascista, protagonista della toponomastica italiana con migliaia di strade, monumenti a lui dedicati (tremiladuecento sembra), Giacomo Matteotti è soprattutto ricordato per il discorso “finale” contro i brogli e le violenze fasciste del 30 maggio 1924 che fece precipitare gli eventi rendendo indifferibile agli occhi dei fascisti al governo l’eliminazione di un deputato da tempo bersaglio della violenza fascista. Il re fu nudo pochi mesi dopo con la svolta del 3 gennaio 1925, quando Mussolini si assunse la responsabilità politica del delitto svelando finalmente – a chi non voleva guardare o preferiva guardare altrove – il volto brutale e totalitario del fascismo. Ma non è su quel ritratto che ci soffermeremo. Grazie alle decine di studi e risorse pubblicati in occasione del centenario della morte di Matteotti è possibile illuminare tanti aspetti spesso in ombra che tratteggiano il profilo di un protagonista del socialismo italiano, concreto e sognatore, rigoroso e appassionato. Una guida analitica alle risorse per approfondire la conoscenza di questo straordinario uomo delle istituzioni è il portale realizzato dalla fondazione Giacomo Matteotti, chiamato MVM – MUSEO VIRTUALE MATTEOTTI. È la stessa Fondazione a definire il progetto, spiegarne le finalità, e i pubblici cui si rivolge: è un “programma multimediale in rete per la memoria e la formazione civile per i giovani, per la scuola, per i cittadini”. Attingendo a risorse provenienti da fonti diverse e qualificate, il portale allestisce nel web 13 sale in cui potersi avventurare per scoprire, con testi, immagini e suoni, l’uomo politico completo, nei suoi aspetti pubblici e privati (sale 1-8 di storia biografica/collettiva, sale 9-13 storiografiche sulla memoria costruita intorno al mito di Matteotti, sulle fonti multimediali, la bibliografia).

Giacomo negli anni dell’Università a Bologna. Fondazione di studi storici Filippo Turati

Il giovane Matteotti

Giacomo Matteotti nasce nel 1885 a Fratta Polesine (Rovigo) in una famiglia di risparmiatori di umili origini, che giunge ad accumulare negli anni una grande ricchezza: il valore complessivo dei beni di famiglia, che comprendeva terreni agricoli per 150 ettari, sarebbe stato stimato nel 1925 in 1.203.826 lire, per l’epoca, una grandissima somma (sala 1). Studia legge e diventa presto un attento giurista, esperto di economia e finanza, seguendo le orme dell’amato fratello Matteo, scomparso prematuramente. Socialista a 13 anni si distingue come amministratore competente e determinato, lontano dalle “tradizioni sagraiole del tenero popolo italiano, felice e buontempone” (La definizione è di Piero Gobetti, che ne scrisse uno splendido ritratto subito dopo la morte).

Sempre Gobetti ci regala un altro dettaglio che ne illuminava la personalità antiretorica: “nel ’19 a un organizzatore che voleva il suo ritratto di deputato mandava tranquillamente il ritratto d’un amico, che per poco non venne pubblicato: valga quale prova di come egli considerasse gli esibizionismi più consueti”(!)
La prima sala del portale introduce la figura di Matteotti soffermandosi sulle condizioni di miseria dei contadini del Polesine, sul desiderio di riscatto, sulla diffusione del socialismo e sulle lotte delle leghe contadine. Si sofferma inoltre sulla grande influenza esercitata dal fratello Matteo: “è lui a guidare Giacomo verso l’ideale socialista e a indirizzarlo poi all’esperienza di amministratore locale e alla militanza attiva, con una specifica attenzione rivolta all’istruzione quale strumento di emancipazione delle masse”.

Di grandissimo interesse anche la sala 2, sulla formazione di Matteotti, il percorso universitario a Bologna, dove frequenta la scuola giuridica più vivace del Paese e la tesi con il professore di diritto e procedura penale Alessandro Stoppato, sul tema della recidiva. Il foglio dattiloscritto pubblicato nel portale (sala 2, slide 17) fa già intuire alcuni aspetti che contraddistingueranno il rigore morale e scientifico del futuro amministratore e parlamentare: la centralità dei dati nell’analisi dei problemi, lo sguardo comparativo, l’arretratezza o scarsa trasparenza della classe politico amministrativa italiana nella diffusione delle informazioni che riguardano i diritti del cittadino.
Il 26 gennaio 1908 si svolgono le elezioni amministrative e Giacomo Matteotti, alla sua prima candidatura, è eletto nel Consiglio comunale di Fratta Polesine (sala 2), a Boara e Villamarzana dove sarà anche sindaco, e ancora a Lendinara, Badia e San Bellino.
Di famiglia benestante Matteotti si batte con convinzione per i contadini del Polesine e, più in generale per la causa degli umili. Sarà per questo più volte tacciato, sia dagli avversari politici che nel suo stesso partito, di essere un “traditore di classe”, un “socialista milionario” o, ancora, il “milionario impellicciato”. Diamo ancora la parola a Gobetti: “Matteotti non fu mai popolare. Tra i compagni era tenuto in sospetto per la ricchezza: gli avversari lo odiavano come si odia un transfuga. Invece Matteotti era un aristocratico di stile”. “Declina la passione politica con una profonda preparazione giuridica, economica e amministrativa” – si legge nel portale – “si batte con decisione per il miglioramento delle condizioni di vita del proletariato, degli emarginati come i braccianti del suo Polesine, in nome di un socialismo che non esclude la lotta di classe ma vede soprattutto nella cultura e nella formazione civile dei lavoratori lo strumento del loro riscatto umano e sociale”.

Quasi in un presagio, la fanciulla ritratta sulla tessera socialista del 1921 sembra ricucire uno strappo. Fondazione G. Matteotti


Matteotti si colloca dunque nel solco del socialismo riformista del Novecento, anima perdente al congresso del 1912, conquistato dall’ala massimalista. Ma sarà il socialismo italiano tout court, ferito e indebolito da continue scissioni, che, incredibilmente, vedremo ripetersi anche alla vigilia della marcia su Roma, ad essere perdente, e con esso le classi popolari il cui sogno di emancipazione sarà spazzato via dallo squadrismo fascista.

Amore e violenza fascista


Ma torniamo al giovane amministratore. Il portale ci racconta la passione vitale di Giacomo per le arti, la cultura, lo sport. E la curiosità per il cinema, che irrompe nel primo decennio del XX secolo, conquistando spazi e spettatori. Sarà proprio la settimana arte ad aprire una nuova finestra nella vita di Matteotti: “all’uscita dal cinema, una sera, una folata di vento e il cappello di una ragazza vola. Giacomo lo raccoglie e glielo porge. Da quel momento le vite di Giacomo Matteotti e Velia Titta – il Giaki e il Chini, come presero affettuosamente a chiamarsi – saranno immediatamente, profondamente, inestricabilmente saldate fino alla morte”. Lettrice curiosa, scrittrice, sorella di Titta Ruffo, che diventerà un celebre baritono famoso in tutto il mondo, Velia sposa Giacomo quattro anni dopo l’incontro.

Ritratto di gruppo durante vacanze estive in montagna (circa 1910). Fondazione di studi storici Filippo Turati

I Matteotti avranno tre figli, ma loro storia d’amore sarà vissuta soprattutto attraverso una fitta corrispondenza: la persecuzione fascista non darà tregua al socialista Matteotti, soprattutto dopo l’elezione a deputato per la circoscrizione di Rovigo nel 1919. Sarà un parlamentare esiliato, uno di quegli eletti a cui sarà impedito di tornare nel collegio di elezione per le aggressioni squadriste. Il 12 marzo del 1921, a Castelguglielmo, dove era andato per guidare una riunione della Lega contadina, viene sequestrato da fascisti armati di pistole, oltraggiato, caricato su un autocarro, tra urla, fischi e insulti, rilasciato dopo un finto processo e bandito dalla sua terra. Due giorni prima, il 10 marzo, aveva denunciato alla Camera con un’interrogazione al governo il “sistema del Polesine”: “Nel cuore della notte, mentre i galantuomini sono nelle loro case a dormire, arrivano i camions di fascisti nei paeselli, nelle campagne, nelle frazioni composte di poche centinaia di abitanti ; arrivano accompagnati naturalmente dai capi della agraria locale, sempre guidati da essi,poiché altrimenti non sarebbe possibile conoscere nell’oscurità in mezzo alla campagna sperduta la casetta del capolega o il piccolo miserello ufficio di collocamento. Si presentano davanti a una casetta e si sente l’ordine ; circondate la casa. Sono venti, sono cento persone armate di fucili e di rivoltelle. Si chiama il capolega e gli si intima di discendere. Se il capolega non discende gli si dice: se non scendi ti bruciamo la casa, tua moglie, i tuoi figliuoli. Il capolega discende, se apre la porta lo pigliano, lo legano, lo portano sul camion, gli fanno passare le torture più inenarrabili, fìngendo di ammazzarlo, di annegarlo, poi lo abbandonano in mezzo alla campagna, nudo, legato ad un albero !Se il capolega è un uomo di fegato e non apre e adopera le armi per la sua difesa, allora è l’assassinio immediato che si consuma nel cuore della notte, cento contro uno. Questo è il sistema nel Polesine […] Qui si tratta di un assalto, di una organizzazione di brigantaggio. Non è più lotta politica; è barbarie; è medio-evo.” Le ragioni erano evidenti anche al sottosegretario Corradini che non può che ammettere :”Tutti questi fatti sono oggetto di una accurata inchiesta. È difficilissimo, onorevole Matteotti, esporre qui minutamente i tafferugli continui avvenuti per tre giorni. Ad ogni modo, ai fini della nostra discussione, mi pare che si debba tener conto che ho subito ammesso come questi tumulti in provincia di Rovigo abbiano forse più o meno lontana origine in lotte economiche sul ricordo delle quali s’innesta anche probabilmente l’accusa portata qui dall’interrogante, secondo cui fascisti sarebbero mossi ed organizzati dagli interessi agrari. La questione è tutta qui: nella rinnovazione dei contratti agrari e vallivi, che nel Polesine hanno grande importanza. Ed io sono disposto ad ammettere che in questa rinnovazione dei contratti vallivi non sono certamente i coltivatori che hanno torto, ma i proprietari, i quali hanno rescisso un contratto sette mesi prima della sua scadenza” (Dal portale storico della Camera dei deputati, “tornata“del 10 marzo 1921).
Le intimidazioni colpiscono anche Velia, in Liguria con i bambini. Nell’agosto del 1922, prosegue il racconto del portale, Velia scrive a Giacomo, affranta per la recente gravidanza e avvilita dall’ostilità dell’ambiente (sala 3): «contavo sull’aiuto tuo, tanto per venire via di qui, come per altre cose, ma sono venuti in casa a dirci che se ritorni, non garantiscono neanche delle famiglie più. Non so altro perché fuori non vado, insultano sulla strada come fossimo la peggiore gente da spregio». La vita di Velia sarà segnata da soprusi, dalla tragica fine del marito, sequestrato il 10 giugno 1924 sotto casa in via Pisanelli, ucciso, fatto a pezzi, e sepolto sotto sterpi e cortecce d’albero nel bosco della Quartarella, a Riano. Velia sopravviverà ancora qualche anno, perseguitata e pedinata, morirà a 48 anni, il 5 giugno del 1938, in una clinica romana.

L’insegnamento libero e poetico


È la sala 5 ad attrarre la nostra attenzione: qui il cuore riformista e l’azione politica del socialista che si batte per l’emancipazione delle classi subalterne si tocca con mano.
Al Congresso dei Comuni Socialisti nel 1919 Matteotti interviene, tra l’altro, con grande determinazione sulla politica scolastica: «Vogliamo noi veramente che la scuola sia una preparazione per l’officina, pel lavoro? No, assolutamente; la scuola deve essere qualcosa per cui, almeno per quattro o cinque anni, la gente del popolo non pensi alla preparazione del lavoro manuale, impari qualche cosa che sia fuori del lavoro immediato, impari anche delle astrazioni. Non dobbiamo essere di quelli che vogliono la preparazione del ragazzo all’abilità tecnica. Vogliamo che questo insegnamento sia libero, poetico, astratto perché ne godano per una piccola parte di tempo e ne portino con sé il ricordo per qualche anno. Non vedo nemmeno la distinzione tra la formazione dell’uomo e la formazione del cittadino». E sull’università documenta “la natura elitaria e di classe del sistema nazionale dell’istruzione e con l’evidenza incontrovertibile dei numeri critica aspramente la rete di atenei nella quale predominano gli studi di giurisprudenza”( si legga l’interessante articolo pubblicato sul portale “Spunti universitari”).
Alla Camera, le 1920 porrà sotto accusa il Ministro della Pubblica Istruzione Benedetto Croce per lo stato di abbandono delle scuole elementari espressione di una politica dell’istruzione inefficace e elitaria.

Spulciatore di bilanci

Il partito affida a Matteotti la formazione degli amministratori locali, demandandogli il compito di redigere un Manuale; responsabilità che eserciterà con rigore sostenendo l’importanza di una sana gestione del bene pubblico e di una efficiente politica dei servizi in ambito locali. Per Aldo Parini, collaboratore di Matteotti a Rovigo, era “l’incubo dei sindaci e dei segretari comunali per la diligenza di spulciatore di atti e di bilanci, per le critiche inesorabili” (Il nemico di Mussolini: Giacomo Matteotti, storia di un eroe dimenticato). “La sua attenzione”, dirà Gobetti parlando del ‘marxismo’ di Matteotti, era “tutta a un momento d’azione intermedio e realistico: formare tra i socialisti i nuclei della nuova società: il comune, la scuola, la cooperativa, la lega. Così la rivoluzione avviene in quanto i lavoratori imparano a gestire la cosa pubblica, non per un decreto o per una rivoluzione quarantottesca”. “Ricordo” – scriverà a Velia – quel che succedeva a me nelle amministrazioni: non mi accontentavo di preparare i bilanci o gli atti più importanti, ma in ogni più piccola cosa avrei voluto intervenire, e magari togliere la scopa allo spazzino per insegnargli a pulire, poiché mi pareva che nessuno facesse abbastanza in confronto di quello che desideravo” (Il nemico di Mussolini: Giacomo Matteotti, storia di un eroe dimenticato). E ancora, si legge sul portale: “Trattandosi di fondare una cooperativa pensava a tutto, consigliava, disponeva, dava l’esempio, dai modi di servire al banco alla contabilità dei registri. La sua severità di amministratore era addirittura paradossale in un socialista: sentivi in tanta rigidezza il padre conservatore. Così era diventato — pur senza mandati precisi — l’ispettore volontario di tutte le cooperative e di tutte le leghe, l’incubo degli amministratori per la sua implacabile incontentabilità di spulciatore di conti e di bilanci, il carabiniere dei facili e tolleranti impiegati”.
È proprio Matteotti a portare avanti nel marzo del 1920 la trattativa con gli agrari del Polesine per migliorare le condizioni di vita dei contadini: l’accordo siglato introduceva l’imponibile di manodopera, l’obbligo per i proprietari terrieri di assumere almeno un lavoratore ogni 5 ettari e mezzo di terreno posseduto. L’intesa, che prevedeva anche significativi miglioramenti salariali sarà firmata da Argentina Altobelli, sindacalista socialista fondatrice di Federterra.


Nell’autunno alle elezioni ogni amministrative tutti i sessantatré comuni del Polesine eleggono sindaci e giunte socialisti. Ma siamo ad un punto di svolta: il 1920 si chiude nel sangue con il passaggio dal biennio rosso al biennio nero. Esplodono le violenze fasciste di cui abbiamo parlato, si scatena la reazione degli agrari, il congresso socialista si riunisce a Livorno e si dilania internamente. Riformisti, massimalisti, e poi comunisti. Riformista e pacifista come Matteotti, Giuseppe Di Vagno è il primo deputato socialista assassinato dai fascisti, il 25 settembre del 1921 : ha violato il divieto di fare ritorno nel proprio collegio elettorale, la Puglia. Il bando che aveva colpito Matteotti a Castelguglielmo si è esteso a tutta la penisola. Mentre la violenza fascista esplode, alla vigilia della marcia su Roma i socialisti massimalisti espellono l’ala riformista di Turati e Matteotti (Sala 6)

Torniamo infine agli anni parlamentari di Matteotti, dal 1919 al 1924, cinque anni di impegno ai quali l’Archivio storico della Camera ha recentemente dedicato una voluminosa pubblicazione, che illustra analiticamente il lavoro certosino e rigoroso di un “uomo delle istituzioni”, attivo nelle commissioni e in aula. Nel 1923 lavora assiduamente nella Biblioteca della Camera al suo “instant book” per denunciare le violenze e menzogne istituzionali : la pubblicazione “Un anno di dominazione fascista” sarà poi tradotto in più lingue. Nel maggio 1924 contesta il pareggio del bilancio annunciato dal re nel discorso della Corona alla inaugurazione della XXVII legislatura (“Nel campo della pubblica finanza, questa legislatura si apre con un bilancio dello Stato ricondotto, per tenacità di propositi e per il patriottismo ammirevole del contribuente, al pareggio tra le spese e le entrate”). Con il discorso del 30 maggio 1924 – data della prima seduta del Parlamento appena eletto – Matteotti scriverà la sua condanna a morte (Adesso preparate la mia commemorazione funebre dirà al collega Giovanni Cosattini). Ancora una volta interpreta la battaglia del diritto e della legalità contro la violenza fascista e al Presidente Alfredo Rocco che invita il deputato alla prudenza:”Onorevole Matteotti, se ella vuole parlare, ha facoltà di continuare, ma prudentemente” risponde con fermezza “Io chiedo di parlare non prudentemente, né imprudentemente, ma parlamentarmente!”

La mattina di martedì 10 giugno 1924 Matteotti è ancora una volta in Biblioteca, a consultare carte e pubblicazioni. Nel pomeriggio, poco prima delle 16.30 esce di casa, in Via Pisanelli e imbocca il lungotevere. Viene aggredito dietro l’angolo, sul Lungotevere Arnaldo da Brescia , mentre va a piedi a Montecitorio. Verrà ucciso e fatto a pezzi. Il corpo sarà ritrovato nella tenuta del principe Boncompagni Ludovisi, futuro governatore di Roma.

Frame del cinegiornale Pathé Journal Actualité del 1924 “Demonstration pour le delegate socialiste Matteotti”


ll 21 agosto 1924 ai funerali di Matteotti, a Fratta Polesine, parteciperanno circa diecimila persone. L’omicidio del pericoloso deputato, ossessione di Mussolini, sgombrerà ogni ostacolo all’instaurazione della dittatura. “Io dichiaro qui, al cospetto di questa assemblea, ed al cospetto di tutto il popolo italiano, che assumo (io solo!) la responsabilità (politica! morale! storica!) di tutto quanto è avvenuto”, risuonerà nell’aula il 3 gennaio 1925. Lo Stato liberale era davvero finito.

Viene il dubbio che se il socialismo pratico e visionario di Matteotti si fosse affermato nel Novecento la storia d’Italia sarebbe stata ben diversa.
Dedico questo articolo al mio papà.


La progettazione museale e la direzione dell’allestimento del MVM – MUSEO VIRTUALE MATTEOTTI è a cura di Alberto Aghemo e Anna Villari.
Il portale è stato realizzato con la partnership tecnologica di regesta.exe che ha sviluppato il sito.

Oltre ai testi e alle immagini del portale, ai documenti del portale storico della Camera, si vedano soprattutto: Matteotti, di Piero Gobetti, 1924 (scaricabile su Liber Liber); Il nemico di Mussolini: Giacomo Matteotti, storia di un eroe dimenticato, di Marzio Breda, Stefano Caretti, 2024; Giacomo Matteotti nelle carte dell’Archivio storico della Camera dei deputati a cura di P. Evangelisti e F. Venturini, maggio 2025 (gli autori sono intervistati da Lanfranco Palazzolo per Radio Radicale)