Catastrofi

Il terremoto del 23 novembre 1980
di 23 Novembre 2020 0
Lioni, 24 novembre 1980 – Fotoagenzia Napoli Carbone Nicois

Il terremoto si abbatte sul Mezzogiorno con una frequenza ciclica, una sequenza di distruzione e di morte che attraversa tutto il XX secolo: nel 1908 a Messina, nel 1915 nella Marsica, nel 1930 alle pendici del Vulture, nel 1962 in Irpinia, nel 1968 nella valle del Belice. Il 23 novembre del 1980 il terremoto colpisce l’area al confine delle province di Avellino, Potenza e Salerno: l’epicentro si situa a 15 km di profondità sulla Sella di Conza, il valico dove l’appennino campano incontra quello lucano. L’onda sismica investe i paesi intorno, Teora e Conza della Campania; da qui prosegue verso Nord lungo il tracciato della via Appia, colpendo Lioni e Sant’Angelo dei Lombardi, e verso Sud, a Balvano e Romagnano al Monte in Basilicata; s’incunea lungo l’alta valle del Sele: Castelnuovo di Conza, Santomenna, Laviano, Caposele, Calabritto, Senerchia vengono quasi del tutto distrutte (con effetti pari al IX e X grado della scala Mercalli)

Quello che colpisce del sisma del 1980, oltre alla durata infinita della scossa, è la vastità dell’area colpita e, con essa, la dimensione dei danni materiali, che solo parzialmente si è ripercossa sulla fredda contabilità delle vittime, quasi 3.000 persone dislocate tra le tre province colpite. Chi era in quei luoghi nei giorni del terremoto mantiene a distanza di anni un ricordo indelebile: il boato, i palazzi a lungo scossi, i paesi spazzati via, irriconoscibili, l’odore dei morti raggiunti solo dopo giorni dalle squadre di soccorso, il rumore dei crolli che durarono ancora per mesi. Nei primi giorni successivi al sisma nei paesi direttamente investiti dall’onda d’urto, nell’incredibile frammentarietà delle notizie disponibili e dei soccorsi caotici, il dolore e lo scoraggiamento, poi la rabbia e il lamento sembrano coprire ogni altro sentimento, avvolgere l’intera area colpita di un colore uniforme.

L’immane distruzione di quarant’anni fa non cambia il destino di terre già fiaccate dall’abbandono, non interrompe quel processo secolare di esodo; non lo blocca né lo favorisce, in realtà. Semplicemente quel processo di spopolamento continua immutato.

Ben presto, al terremoto il Mezzogiorno risponde attingendo a piene mani ad una risorsa “abbondante”. E, armato di un fatalismo forgiato da una consuetudine secolare, affronta questa come le precedenti tragedie causate da un territorio per nulla “amico” delle popolazioni che lo abitano: un territorio a volte di accecante bellezza, ma sempre avaro di doni, devastato dalle ruberie di pochi e dalle urgenze di molti.

La catastrofe, ineludibile, diventa la leva inattesa di una possibile rinascita, un’occasione casuale da sfruttare con improvvisati strumenti emergenziali e un’eccezionale mobilitazione di risorse (umane e finanziarie) esterne, secondo un paradigma che viene riproposto ciclicamente e che viene rilanciato anche oggi, in risposta alla crisi pandemica in atto: la catastrofe come opportunità per la soluzione della “questione meridionale” e per il rilancio dell’intero Paese.

Un fiume di denaro invade le regioni meridionali (saranno oltre 50.000 miliardi secondo la Commissione parlamentare d’inchiesta), portando con sé lusinghe di riscatto e modernità. E i soldi dilatano i confini delle aree colpite, allargano a dismisura il numero dei beneficiari, accrescono gli appetiti, tradiscono le attese di ricostruzione di chi aveva sofferto i lutti e i danni del terremoto. Aree industriali e infrastrutture, strade a scorrimento veloce e opere di urbanizzazione, punteggiano il territorio di quelle regioni ben oltre l’area del “cratere”. Anche questo è uno schema che si ripete sempre uguale, con fortune alterne, ma con esiti nel tempo simili fra loro.

Sul territorio restano tracce indelebili di un dissennato e distruttivo intervento antropico, scheletri abbandonati, testimoni silenziosi delle tante speranze infrante.


Riferimenti

  • La foto di copertina fa parte di un servizio di 128 scatti realizzati a Lioni dalla “Fotoagenzia Napoli Carbone Nicois” e ci è stata gentilmente concessa dall’Associazione Archivio Riccardo Carbone
  • La mappa dettagliata del terremoto del 1980 si può ricostruire con i dati del Database macrosismico italiano 2015 dell’INGV, che classifica 6 comuni al X grado della scala Mercalli (Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Laviano, Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi, Santomenna) e 9 al IX grado (Balvano, Calabritto, Caposele, Guardia Lombardi, Pescopagano, San Mango sul Calore, Senerchia, Teora, Torella dei Lombardi)
  • L’INGV ha anche prodotto una Story-Map che raccoglie tutti i dati essenziali del sisma del 1980
  • I ritardi e il caos dei soccorsi venne allora denunciato con parole vibranti dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che, appena rientrato dalla Grecia, decise di recarsi per una visita non programmata nei paesi del cratere: nell’Archivio storico del Quirinale si può consultare il diario di quei due giorni: il 24 e il 25 novembre
  • Sempre sul Portale storico della Presidenza della Repubblica si può leggere il discorso che il giorno seguente il Presidente Pertini rivolse alla nazione dagli schermi della televisione: ” Ho assistito a degli spettacoli che mai dimenticherò”
  • Il 14 maggio 1981 viene pubblicata sulla “Gazzetta ufficiale” la legge 219, “Provvedimenti organici per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti”. Ma nel corso dell’ottava legislatura furono ben 18 i provvedimenti approvati sulle diverse “emergenze” sismiche aperte, relative ad interventi per il Belice (1968), il Friuli (1976), l’alta Irpinia (1962), Umbria e Marche (1979), il viterbese (1971): si può consultare l’elenco sul Portale storico della Camera dei deputati .
  • Ad aprile del 1989 viene istituita una “Commissione parlamentare d’inchiesta sulla attuazione degli interventi per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori della Basilicata e della Campania colpiti dai terremoti del novembre 1980 e febbraio 1981”, alla cui presidenza fu nominato Oscar Luigi Scalfaro, che iniziò i suoi lavori il 28 settembre; nel febbraio del 1981 la Commissione chiuse i suoi lavori e presentò una Relazione conclusiva

Testimonianze

In rete è possibile trovare moltissimi materiali fotografici e audiovisivi su quei giorni, tra i quali la registrazione impressionante del boato che accompagnò i 90 secondi della scossa.

Qui vogliamo riportare solo due fonti fotografiche che da poco tempo si sono aggiunte a questa ricca iconografia:

  • l’Aerofototeca Nazionale (AFN) dell’ICCD ha da pochi giorni pubblicato un album Flickr con una scelta di 25 foto aeree scattate nei luoghi del cratere subito dopo il sisma
  • nel portale dell’archivio fotografico del PCI, pubblicato dalla Fondazione Gramsci di Roma, è possibile vedere, tra le altre foto dedicate al terremoto del 1980, una galleria di 24 scatti di Tano D’Amico nei paesi del cratere

Sul nostro sito, infine, abbiamo pubblicato oggi la testimonianza di quei giorni, scritto a quarant’anni di distanza, da Carlo Bruno.