E’ una difesa dal saccheggio la mappa dei beni culturali

Antonio Cederna e l’indispensabile catalogazione del nostro patrimonio culturale
di 27 Agosto 2021 0
Via Appia Antica, Fondo Becchetti, ICCD

Ogni azione di tutela parte dalla conoscenza. E’ una difesa dal saccheggio la mappa dei beni culturali… Non si può conservare e difendere ciò che non si conosce: è questa ignoranza che favorisce la degradazione che ogni giorno lamentiamo del nostro patrimonio storico, artistico e ambientale

Così Antonio Cederna, inviato per il Corriere della Sera a Villa Monastero di Varenna al convegno sui “beni culturali” promosso  dal 28 al 30 settembre 1976 dall’Istituto per la storia dell’arte lombarda, sottolineava la centralità della catalogazione per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale.

Dopo aver fatto ricorso  – come sua abitudine – alla concretezza dei numeri per sintetizzare e stigmatizzare lo scarso impegno economico profuso nella salvaguardia del patrimonio culturale e ambientale (equivalente in anno a quanto si spende per 15 chilometri di autostrada) Cederna si soffermava sul potenziamento dell’istituto centrale per il catalogo e la documentazione previsto nella legge di riorganizzazione del Ministero per i beni culturali e ambientali in vigore dal gennaio del 1976 (qui la storia dell’ICCD, qui la legge di riorganizzazione, ndr).

Leggendo i resoconti del convegno ci si trova di fronte, ancora una volta, a un intellettuale attento a tutte le sfaccettature della gestione e valorizzazione del bene culturale e ambientale. Non solo battaglie contro le speculazioni edilizie, la  cementificazione a tutela dell’ambiente e dei centri storici.

Ecco dunque – nell’articolo scritto il 28 settembre –  la soddisfazione per l’avvio “promettente” dell’opera indispensabile di censimento, catalogazione e schedatura  del nostro patrimonio culturale”;  ecco l’apprezzamento per l’abbandono del “vecchio e assurdo criterio estetico” nella definizione del bene culturale a vantaggio di tutto quello che “ha rapporto con la storia, la società, l’economia, la cultura in senso antropologico: dalla pala d’altare al ferro battuto, dall’affresco all’acquasantiera, dall’edicola sacra al candelabro,  dal reliquario allo strumento di lavoro”. Per il direttore dell’Istituto, Oreste Ferrari, è lo stesso concetto di bene culturale che si arricchisce, riferisce Cederna. L’opera è vista nel suo contesto sociale e territoriale che l’ha prodotta, l’insieme degli oggetti diventano “garanzia di identità storica per la comunità” facendo cadere la distinzione tra tradizione colta e cultura subalterna; quella frattura fra Stato e società che, sottolinea con acutezza Cederna,  “ha sempre giovato solo alle forze nemiche del patrimonio culturale”.  Oggi si torna a parlare di condivisione e restituzione al pubblico del patrimonio comune, ma questa necessità etica è già in quelle righe, nella nuova frontiera del patrimonio italiano: “la conservazione deve avere per scopo l’uso sociale di questi beni, deve essere un ‘servizio”…

Il giorno successivo, il 29 settembre, Cederna si soffermava sugli interventi al convegno che affrontavano il quadro legislativo evidenziando la pericolosità  di apparato normativo fragile e inadeguato a far fronte prima alla  “spinta dirompente” della ricostruzione del dopoguerra, poi all’avvento delle Regioni.

Il 30 settembre,  dopo aver speso parole di encomio per l’azione innovatrice dell’istituto lombardo promotore del convegno, si soffermava sul problema del reclutamento del personale per il catalogo, sul carattere scientifico della catalogazione, da condurre su tutto il territorio nazionale con criteri omogenei.  Con alcuni relatori Cederna ironizzava sul “dilettantismo di troppe regioni”: “valga per tutti l’esempio della Campania”, concludeva, “che con corsi di tre mesi pretende di formare personale specializzato per la catalogazione dei beni culturali e naturali”.

Il 27 agosto di venticinque anni fa Antonio Cederna scompariva lasciando un vuoto incolmabile.


Gli articoli citati sono conservati nell’Archivio Cederna conservato nel sito archeologico di Capo di Bove lungo la via Appia Antica e sono consultabili online grazie all’archivio digitale.

La fotografia in evidenza sulla via Appia Antica  tanto cara a Tonino Cederna è tratta dal fondo Becchetti dell’ICCD “Via Appia Antica delimitata dai resti di alcuni sepolcri di età romana. Lungo la strada sostano due uomini, 1879-1895.