“Questa è la diga a doppia curvatura più alta del mondo: la diga del Vajont. Creerà un lago artificiale capace di 150 milioni di metri cubi d’acqua. Lo stesso ingegnere Carlo Semenza, ideatore e progettista dell’opera, ce ne racconterà la storia attraverso le successive fasi di lavoro”; e poi: “su in alto, sulle pareti della montagna, il geologo, professor Dal Piaz in questo caso esamina a fondo le caratteristiche della roccia illuminato dalla sua grande esperienza e confortato dalle più moderna ricerche geofisiche – un materiale molto duro e resistente”…
Così recita lo speaker del cortometraggio commissionato dall’ingegnere Carlo Semenza, ideatore della diga, per celebrare l’impresa ciclopica protagonista del disastro del 9 ottobre 1963, quando un pezzo del monte Toc, nella provincia di Belluno, franò nel bacino artificiale della diga, provocando l’onda che a valle ucciderà circa 2000 persone, distruggendo paesi e frazioni.
“H max 261,6” (l’altezza massima della diga in costruzione) è il titolo di questo documentario di 11 minuti girato dal 1957, più o meno insieme ai lavori di scavo, al 1959 e prodotto dalla Sade, la Società Adriatica di Elettricità costruttrice dell’opera, società fondata nel 1905 da Giuseppe Volpi. La diga, orgoglio del suo progettista, sarà terminata nel settembre dell’anno successivo e inaugurata – a collaudo non ancora terminato – il 17 ottobre.
Il Corriere delle Alpi nel 2013, in occasione del cinquantenario, realizzò uno speciale multimediale tutto da rileggere e guardare, con percorsi di approfondimento (Gente del Vajont | I luoghi |Le ragioni economiche |La diga perfetta| Le responsabilità | Erto, la storia nascosta | Merlin, la giornalista contro| L’inchiesta di Tina Merlin | Il Vajont visto dagli altri | Il racconto di Paolini) link ad articoli dell’epoca, fotografie, video, mappe, testi, testimonianze, elenco di risorse in rete.
Un altro documento di grande efficacia è Uomini del Vajont, incentrato sui lavoratori – provenienti da tutta Italia – impegnati nella costruzione della diga. Entrambi i documenti sono firmati da Luciano Ricci per la regia e hanno la supervisione al montaggio di uno dei più importanti montatori della storia del cinema italiano, Mario Serandrei.