Linked open data (LOD): un’opportunità per il patrimonio culturale digitale

di 2 Dicembre 2013 0

Venerdì 29 novembre si è svolto presso la Biblioteca nazionale Centrale di Roma il Workshop dal titolo Linked open data (LOD): un’opportunità per il patrimonio culturale digitale organizzato dall’’ICCU.

Il corso, della durata di quattro ore, era indirizzato a responsabili ed esperti nella gestione di progetti di accesso e fruizione in rete del patrimonio digitale di musei, biblioteche e archivi. Scopo: illustrare ad un pubblico con un profilo non necessariamente tecnico gli aspetti fondamentali per la creazione di linked open data attraverso la presentazione di progetti pilota applicati al patrimonio culturale digitale, di carattere sia nazionale che internazionale.

Dopo i saluti di Rossella Caffo il primo intervento di Oreste Signore, Responsabile W3C Italia, ha inteso introdurre i principi base di carattere più squisitamente tecnico legati alla definizione dei LOD e del semantic web e delle principali tecnologie ad essi correlate (RDF, RDFS, OWL, SKOS, ontologie, SPARQL).

Interessante la sottolineatura di come i principi che sono alla base del semantic web, ovvero la presenza di collegamenti qualificati tra “cose” (things) fosse già implicita nella prima idea (definita allora, nel 1989, “vaga ma eccitante…”) di web elaborata dal suo fondatore, Tim Berners-Lee.

Tra i progetti di eccellenza citati il “Nuovo soggettario” in formato LOD  sviluppato dalla BNCF e  il Progetto Reload realizzato da Archivio centrale dello Stato, IBC della Regione Emilia-Romagna e regesta.exe;  in ambito internazionale  il progetto “Republic of letters” della Stanford University, un caso di riuso di dati aperti esemplare che  “ricostruisce” i social networks dei letterati del periodo illuminista

Sara Di Giorgio, dell’Istituto Centrale per il Catalogo Unico, ha introdotto la tematica del copyright e delle licenze d’uso, con un intervento dal titolo “Licenze e politiche europee per il patrimonio culturale digitale”, che ha messo bene in luce anche le conseguenze legate alla scelta di un tipo di licenza da parte di chi decide di “aprire i suoi dati” in rete. Che la questione sia sentita come assai problematica per chi si occupa di beni culturali è stato ampiamente dimostrato dal numero di interventi e questioni sollevate dalla coinvolta platea di uditori.

Di altissimo spessore l’intervento dedicato specificatamente ai LOD nei beni culturali, con l’illustrazione di alcuni progetti e casi di studio di Maria Emilia Masci della Scuola Normale Superiore di Pisa.
Tra i progetti di eccellenza citati dalla Masci, in ambito italiano sono stati segnalati l’esperienza della Biblioteca nazionale centrale di Firenze col “Nuovo soggettario” in formato LOD e, in ambito archivistico l’esperienza del team del Progetto Reload realizzato da Archivio centrale dello Stato, IBC della Regione Emilia-Romagna e Regesta.exe. In ambito internazionale, interessanti la segnalazione di quanto sviluppato dalla Biblioteca Nazionale di Francia, il cui lavoro e la cui interfaccia di navigazione di LOD sono stati premiati con lo Stanford Prize for Innovation in Research Libraries (SPIRL). Infine la Masci ha illustrato un caso di riuso di dati aperti esemplare, mostrando come, a partire da una molteplicità di fonti, il progetto “Republic of letters” della Stanford University stia tentando di “ricostruire” i social networks dei letterati del periodo illuminista, mostrandoli grazie a sofisticatissimi tools interattivi di visualizzazione.

Nella parte finale della mattinata, Luca Martinelli di Wikimedia Italia ha illustrato come gli ultimi consistenti sviluppi del progetto Wikidata potranno avere un impatto dirompente nell’assetto della linked data cloud mentre Achille Felicetti dell’Università di Firenze ha chiarito le principali problematiche legate all’organizzazione di un progetto di pubblicazione di LOD mettendone bene in luce le possibili criticità.

C’è interesse dietro i linked data. Ci sono idee, progetti, suggestioni, realizzazioni di qualità. Le istituzioni della cultura vogliono (devono!) essere presenti, con consapevolezza e attenzione. Queste occasioni formative sono indispensabili per chi opera nella cultura, e soprattutto per chi nella cultura prende delle decisioni volte o meno a diffondere la conoscenza e a valorizzare il proprio patrimonio.

Il numero dei partecipanti (è stato raggiunto il numero massimo di iscrizioni), l’interesse – soprattutto – della platea e la qualità indiscussa dei relatori hanno “strappato” a Rossella Caffo la promessa non solo di ripetere l’evento ma anche di organizzarlo “per livelli di approfondimento progressivi”.