Ricordo di Ansano Giannarelli

di and 19 Settembre 2011 1

Ritratto di Ansano GiannarelliIl 26 agosto scorso è morto a Roma Ansano Giannarelli.
Regista italiano, era nato a Viareggio nel giugno del 1933; dopo essersi laureato in giurisprudenza, fra il 1953 e il 1955 fu assistente alla regia di Mario Monicelli in film come Proibito (1954) e Totò e Carolina (1955); negli anni sessanta si dedicò ai cortometraggi, ottenendo, proprio nel 1960, una nomination all’Oscar per 16 ottobre 1943, incentrato sulla retata nazista nel ghetto ebreo di Roma.
Il suo primo lungometraggio fu Sierra Maestra, del 1968; dal 1996 al 1999 insegnò documentario e teoria e tecnica del linguaggio cinematografica al DAMS di Bologna.
Il suo nome, negli ultimi 20 anni è legato inscindibilmente a quelle dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico di cui fu Presidente dal 1994 al 2004 e nel cui CdA era rientrato all’inizio del 2011 e di cui è stato sempre, fin dalla sua fondazione (cui contribuì insieme a Cesare Zavattini, Riccardo Napolitano, Paolo Spriano, Paola Scarnati e tanti altri intellettuali della sinistra italiana) collaboratore e instancabile propositore di progetti.
Segnaliamo che l’Archivio audiovisivo sta organizzando nella propria sede,  per il 20/21/22 ottobre prossimo,  un’iniziativa – tra testimonianze e proiezioni cinematografiche –  dal bellissimo titolo “Senza perdere la gentilezza. Il cinema ribelle di Ansano Giannarelli“.

Solo chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e di lavorarci insieme può capire chi è stato Ansano. Ho avuto questa fortuna negli ultimi anni quando Regesta e l’AAMOD hanno condiviso, tra gli altri, due lavori dei quali  Ansano è stato uno dei protagonisti: le applicazioni per iPhone e iPad su Enrico Berlinguer e sulla storia del Partito Comunista Italiano e, soprattutto, un portale per una ricognizione su tutto quanto fosse stato prodotto in Italia sulla Shoah, cui avrebbe dovuto far seguito un’analoga ricerca per l’Europa e per il resto del mondo. Era un progetto cui Ansano teneva particolarmente e che purtroppo non ha fatto in tempo a vedere realizzato e chi ci piacerebbe potesse essere portato a termine, in modo da onorarne la memoria come, credo, lui avrebbe gradito.
Ci ho messo un po’ di tempo a elaborare queste righe. Mi sembrava quasi impossibile che la persona con cui solo qualche settimana fa scambiavo opinioni su come progettare l’ultimo numero della storia del PCI se ne fosse andato così improvvisamente. Mi sembrava strano che la persona che fino all’ultimo, anche dall’ospedale, continuava ad elaborare progetti, non potesse più vederli realizzati.
Quello che maggiormente mi ha colpito di Ansano è stata la sua attenzione per tutte le novità e la sua incredibile curiosità intellettuale. Si avvicinava alle nuove tecnologie, al mondo delle reti sociali sul web, a facebook con vero interesse, senza ostili pregiudizi, convinto, credo, che potessero essere un modo nuovo per coinvolgere anche i più giovani alle cose che maggiormente gli stavano a cuore.
Sono sicuro che il suo entusiasmo, le sue intuizioni, anche la sua limpida militanza, mancheranno moltissimo all’Archivio Audiovisivo, a noi che abbiamo lavorato con lui e a chiunque l’abbia conosciuto.

La sua passione documentaristica, forse ancora più un istinto,  è rimasta con lui fino alla fine. Persino le giornate in ospedale erano divenute oggetto di una riflessione puntuale, analitica sul lavoro all’interno di un ospedale; lo sguardo era quello del paziente attento e partecipe del processo lavorativo. Insomma aveva già il suo progetto, raccoglieva i pensieri – questi erano i materiali in quel momento – nel suo archivio personale, la sua bella memoria.  Ancora una volta il racconto si faceva sociale, l’esperienza individuale di un degente alle prese con la malattia avrebbe dovuto lasciare il passo ad una narrazione sociale sui comportamenti e le relazioni tra medici, pazienti, infermieri…Questo è il mio ultimo ricordo di Ansano. Assieme ad un sorriso dolcissimo e imbarazzato per aver parlato troppo di sé, dei suoi gesti e delle sue giornate in ospedale, ad una donna…