We are not as divided as we seem

di 18 Luglio 2016 0

Così il Presidente Obama a Dallas, alla cerimonia funebre del 12 luglio scorso commemora  i 5 agenti colpiti a morte da un cecchino, Micah Jonhson, un soldato nero, un riservista dell’esercito, durante la manifestazione di protesta promossa l’8 luglio scorso contro gli abusi della polizia e l’uccisione di due neri nel Minnesota e nella Louisiana. Obama ha pronunciato uno dei più bei discorsi della sua Presidenza   – qui il video integrale della cerimonia.  “The Dallas killings… had exposed a “fault line” in American democracy” – ha detto Obama, aggiungendo “I’m here to say we must reject such despair” poiché…   “what I’ve experienced in my own life, what I’ve seen of this country and its people — their goodness and decency — as president of the United States.” A Dallas “when the bullets started flying… everyone was helping each other …It wasn’t about black or white” .

La storia americana è attraversata da ricorrenti rivolte delle comunità nere contro la discriminazione razziale. Nel 1935 ad Harlem i rumours di un pestaggio ai danni di un ladruncolo di origini portoricane  – che vediamo in un Giornale Luce- provocano la prima rivolta del quartiere. Molte hanno all’origine una falsa notizia

Purtroppo la catena di violenze non sembra fermarsi: alla vigilia della Convention repubblicana di Cleveland – una Convention ormai blindatissima – un nero ha ucciso ancora 3 agenti, ieri mattina, a Baton Rouge, in Lousiana.

La storia americana è attraversata da ricorrenti rivolte delle comunità nere contro la discriminazione razziale (a Chicago nel 1919, a Filadelfia nel ’64, a Watts, un sobborgo di Los Angeles nel 1965, a Detroit nel ’67, nel ’68 in seguito all’uccisione di Martin Luther King; e poi le grandi rivolte degli anni Novanta, la più grave delle quali è certamente quella di Los Angeles del 1992, durata 6 lunghi giorni.) Molte hanno all’origine una falsa notizia. Nel 1935 i rumours di un pestaggio ai danni di un ladruncolo di origini portoricane provocano la prima rivolta del quartiere, che scoppia il 19 marzo e si conclude il giorno successivo con il bilancio di 3 morti, decine di feriti e danni di milioni di dollari. Persino i cinegiornali dell’era fascista raccontano, ai propri spettatori, con un servizio di attualità acquistato dall’estero, il “pandemonio che ha scombussolato il quartiere”: le immagini d’oltreoceano testimoniano – per i neri d’America –  che il taccheggiatore è vivo (il sindaco La Guardia aveva faticato a smentire il pestaggio mortale del ragazzo) e mostrano vetrine infrante, roghi e arresti (qui altre immagini, appartenenti a Universal Newsreel, cinegiornali prodotti dal 1929 al 1967).
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Come scriveva Marc Bloch nelle Riflessioni d’uno storico sulle false notizie della guerra “Una notizia falsa nasce sempre da rappresentazioni collet­tive che preesistono alla sua nascita; essa non è casuale se non in apparenza, o, più precisamente, tutto ciò che v’è di fortuito in es­sa è l’incidente iniziale, assolutamente casuale, che scatena il la­vorio delle capacità d’immaginazione, ma questa messa in moto non ha luogo se non perché le immaginazioni sono già pronte e in silenzioso fermento. Un avvenimento, una percezione distorta per esempio, la quale non andasse nel senso in cui già propendono gli spiriti di tutti, tutt’al più potrebbe costituire l’origine d’un erro­re individuale, ma non una falsa notizia popolare e ampiamente diffusa”.   E le immaginazioni degli afroamericani erano già in fermento poiché – come individuò il dossier “A Report on Social and Economic Conditions Responsible for the Outbreak of March 19, 1935” redatto dalla commissione di inchiesta istituita dal sindaco La Guardia per comprendere le cause della rivolta  – espressione di una comunità vittima di ingiustizie per discriminazione sul lavoro, aggressioni della polizia ,  segregazione razziale (qui il link per scaricare integralmente il dossier).

I cinegiornali fascisti non adottarono dichiarati toni di superiorità verso i neri americani e persino il figlio del Duce Vittorio Mussolini si fece riprendere sorridente con i piccoli protagonisti – anche  neri –  della serie Our gang

Soffermiamoci sulle immagini dei cinegiornali fascisti, sul racconto pudico (o codardo) di un regime che si asterrà, nonostante le leggi del ’38 contro la popolazione ebraica, da un esplicito discorso sulla razza. Anche nel caso dei neri americani il regime non adotta dichiarati toni di superiorità e una ricerca in archivio con i termini razza, razziale porta a ben pochi risultati: i neri, anzi i negri, sono spesso associati a balli, canti cori, nei materiali selezionati, montati e ritrasmessi dalla testata italiana.  Ecco il coro “spiritual” degli studenti negri che intona “I want be ready” nel 1932,  lo spettacolo blackface molto in voga negli anni Trenta sulla nave Tennessee, o ancora “L’allegro sfilamento di un corteo di 15 mila negri”.  Poi c’è il campione nero indiscusso delle Olimpiadi del ’36: Jesse Owens, protagonista di alcuni servizi sportivi.  Il razzismo dei cinegiornali fascisti si esprime e si manifesta soprattutto nelle immagini sulle culture indigene dei paesi di interesse coloniale dell’Italia. Chicago_race_riotNel ’37 persino il figlio del Duce Vittorio Mussolini, in missione a Hollywood per suggellare un matrimonio tra il cinema americano e quello italiano fondando una partnership con Hal Roach (il produttore indipendente dei film di Stanlio e Ollio) si fa riprendere sorridente con i piccoli protagonisti della serie Our gang» («Simpatiche canaglie») tra i quali un sorridente bimbo nero (una novità  fuori dal comune per l’epoca, anche in America).

Forse nessuno – ed in particolare Il Duce grande supervisore da Villa Torlonia dei cinegiornali da mandare in proiezione  –  aveva visto queste immagini, girate ad Harlem nel ’35,  che mostrano una partecipata manifestazione  – di bianchi perlopiù ma con grandi incoraggiamenti dal balcone di un tipico edificio brwonstone – a difesa dell’Etiopia e contro il regime di Mussolini…

Lo spirito cambierà quando l’Italia fascista, schierata con la Germania di Hitler sarà in guerra con Francia, Inghilterra e l’America del signor Delano (per rifare il verso ad un documentario Luce) finanzierà i futuri alleati con la Legge Affitti e prestiti: “il bellicismo degli interventisti americani non guarda tanto per il sottile nel discriminare gli uomini che si ammassano dinanzi agli uffici di reclutamento: negri, negroidi meticci di ogni colore stanno per diventare soldati della repubblica stellata” recita il servizio del maggio 1941 Cose d’america. Proprio quel  “Negro soldier” combattente per la Patria che  Franck Capra ricorderà nel ’44, in un documentario prodotto per il  War Department con l’obiettivo di coinvolgere  la comunità nera nella lotta al nazismo.