Il carattere di eccezionalità delle precipitazioni e delle alluvioni nel 1960, individuato dall’allora direttore dell’Ufficio Centrale di metereologia del Ministero dell’Agricoltura e Foreste – il primo ente meteorologico governativo italiano istituito da Vittorio Emanuele II il 26 novembre 1876 – Giorgio Roncali (direttore dal 1946 al 1968) in un servizio della Settimana Incom, “affoga” nel fiume di parole, raccomandazioni, appelli spesi poi nei decenni successivi dagli intellettuali più sensibili al tema della salvaguardia ambientale: in questo magazine abbiamo più volte richiamato l’impegno di Antonio Cederna contro la speculazione edilizia, il dissesto idrogeologico del nostro Paese flagellato dalle “alluvioni programmate” (anche il titolo di questo post è tratto da un articolo di Cederna scritto a ridosso dell’ennesimo nubifragio e straripamento e conservato nell’archivio di Capo di Bove).
In questi giorni segnati dalle cronache del maltempo per la tragedia di Livorno (dove il 10 settembre scorso il torrente Rio Maggiore ha esondato provocando la morte di un’intera famiglia) segnaliamo in questa breve rassegna l’interessante intervista al Mattino di Franco Prodi, docente di Fisica dell’atmosfera all’Università di Ferrara, che invita tra l’altro giornali e pubblico a non parlare di bombe d’acqua, assume toni sarcastici sulla vulgata del cambiamento climatico del nostro paese (“Tropicale? Fesserie! Le leggi della fisica restano quelle, il ciclone extra-tropicale è diverso da quello tropicale”) e “sponsorizza” il nowcasting, fondato su immagini in tempo reale di satelliti e radar. Salvatore Settis su Il Fatto Quotidiano – pur incorrendo nell’errore della “bomba d’acqua” – individua nella proliferazione di enti, consorzi, comunità, nello “competenze spezzatino”, l’assenza di uno sguardo unitario, calibrato sulla geografia e la geologia, per la programmazione di efficaci interventi di prevenzione e salvaguardia del territorio. Fabio Tonacci, su Repubblica, fa il punto sui progetti realizzati con i fondi del piano Italia sicura finanziato dal governo Renzi: è stato speso meno dell’1,5 per cento del totale a disposizione. Ritardo storico sulla progettazione, la dinamica dei bandi di gara, e, nel caso il progetto sia stato avviato – come per il Bisagno a Genova – lavori a rilento per gare vinte con ribassi eccessivi.
E’ ormai in coma il suolo italiano