Gli scatti dell’agenzia Publifoto in mostra a Torino

di 4 Aprile 2019 2

Un’immagine  targata Publifoto che ha fatto epoca, diventando un simbolo negli anni del femminismo: è il ritratto delle ragazze di Brera, immortalate dal fotografo Tino Petrelli con i fucili sottobraccio il 29 aprile 1945.

La storia del fotogiornalismo dell’agenzia fotografica più importante d’Italia è la storia del nostro Paese dagli anni Trenta (l’agenzia Publifoto fu fondata nel 1937 da un impresario della distribuzione di immagini ai giornali, Vincenzo Carrese) agli anni Novanta, con i suoi mutamenti nel costume, nella società, nella cultura, nella cronaca, nella politica, nello sport.

La mostra Nel mirino – L’Italia e il mondo nell’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo 1939-1981, curata da Aldo Grasso e Walter Guadagnini, sarà aperta al pubblico sabato 13 aprile 2019


Questa storia sarà raccontata a Torino, presso CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino – da circa 240 immagini selezionate per una mostra realizzata da Intesa Sanpaolo, che nel 2015 ha acquistato l’intero archivio fotografico Publifoto-Milano nell’ambito di un progetto di tutela e valorizzazione. Un archivio costituito da 7 milioni di immagini, per lo più in bianco e nero, diapositive a colori e rare stampe a colori; un patrimonio che va ad arricchire la fototeca storica dell’Archivio storico di Intesa Sanpolo costituita da 280.000 fotografie in parte risalenti agli ultimi decenni dell’Ottocento.

Il negativo originale è stato danneggiato nel tentativo di rimuovere l’uomo con l’impermeabile

Ma torniamo alla nostra fotografia di apertura perché rivela molto anche del fotogiornalismo, e della storia delle immagini: si tratta di una messa in scena. Come illustra lo storico della fotografia Adolfo Mignemi nei suoi studi e in questo reportage multimediale del Corriere della Sera, molte immagini realizzate per raccontare la Resistenza furono recitate e “allestite” dagli stessi fotografi. Così il ritratto delle partigiane nasce dall’incontro tra i reporter e un gruppo di belle ragazze, alle quali vengono consegnate delle armi per lo scatto. Per un pò l’immagine fu fatta sparire per la richiesta di avvalersi di un diritto all’oblìo ante litteram: uno degli uomini ritratti volle essere cancellato (il volto è graffiato). Lo storico Giancarlo Monina sottolinea come una delle protagoniste dello scatto – Anna Maria Lù Leone, la donna di sinistra – influenzerà la rappresentazione della partigiana nel cinema, diventando un modello femminile ne I Sette fratelli Cervi. 

Negli anni Settanta, negli anni delle lotte per l’emancipazione femminile, l’immagine tornò alla ribalta per dare un volto al protagonismo femminile nella storia del Paese.

A guidare il gruppo di giornalisti in quei giorni a Milano era dunque Vincenzo Carrese, nato a Castellammare di Stabia nel 1910, trasferitosi a Milano all’età di diciassette anni per dedicarsi al giornalismo. Prima di dar vita a Publifoto Carrese era stato  rappresentante italiano della Wide World Photos (1927), l’agenzia fotografica del New York Times e, dal 1929, dell’agenzia Keystone, fondata dall’ungherese Bert Garai. Fedele Toscani, Tino Petrelli, Peppino Giovi, Carlo Ancillotti: sono alcuni dei nomi dei fotografi che portarono al successo l’agenzia guidata da Carrese – fornitrice di immagini per L’Unità, seppur per un breve periodo, L’Europeo”, Il Giorno – facendola diventare una delle maggiori agenzie fotogiornalistiche del mondo. Tino (Valentino) Petrelli ad esempio non fu solo l’autore delle “partigiane di Brera”, ma di molti scatti su Piazzale Loreto, delle immagini della povertà in Calabria nel 1948 – gli scatti di Africo, che illustrarono il reportage per l’Europeo di Tommaso Besozzi sulla miseria nel Sud Italia – della corsa di Coppi sullo Stelvio con la scritta sulla neve inneggiante al ciclista, della presentazione della “Bianchina” al Museo della Scienza con Alberto Pirelli, Vittorio Valletta, Giuseppe Bianchi, e Gianni Agnelli al volante.

Il match tra Alessandro Mazzinghi e Kim Ki-soo a San Siro il 26 maggio 1968

“Gli anni Cinquanta” – si legge nelle pagine di presentazione dell’archivio Publifoto pubblicata all’interno del sito dell’archivio storico –  “videro però la nascita delle prime agenzie fotogiornalistiche italiane concorrenti, come “Italia”, a cui Publifoto rispose associandosi con la nascente ANSA, creando il servizio ANSA-Publifoto, esperienza durata solo due anni, fino a quando l’ANSA si dotò di un servizio fotografico interno. Negli anni Cinquanta Publifoto estense la propria produzione a servizi fotografici commissionati da imprese e alle fotografie a colori. Nei primi anni Sessanta, accanto all’attività di fotogiornalismo l’Agenzia portò avanti quella commerciale che si occupa della fotografia industriale, pubblicitaria e di moda”.

Vincenzo Carrese al lavoro, anni ’70

Troviamo tracce dell’attivismo di Carrese e dell’agenzia Publifoto nell’archivio storico dell’Istituto Luce,  nei cinegiornali Incom e nei settimanali della Compagnia Italiana Attualità Cinematografiche di Angelo Rizzoli: nel 1958 Carrese è presidente dell’Associazione nazionale fotoreporter che si riunisce per la prima volta a Roma (Settimanale Ciac n. 508) nel 1961 inaugura la mostra dell’agenzia  – C’era anche lei: rassegna di quindici anni di vita italiana presentata dalla Publifoto –  al Circolo della stampa di Milano (Caleidoscopio Ciac n. 1369) nel 1965 parla della fotografia di moda in una inchiesta della Incom sulla professione di indossatrice di moda.

Nel 1981 Carrese morì improvvisamente: Publifoto quindi chiuse per essere rifondata dai figli Ferdinando e Manuela il 27 febbraio 1985 con il nome di Publifoto Notizie di Ferdinando Carrese & C. s.n.c.