Per la storia

di 11 Maggio 2019 0

Bisogna accogliere con particolare soddisfazione il positivo riscontro che ha avuto l’appello “per la storia”, lanciato da Andrea Giardina, Liliana Segre e Andrea Camilleri, sulle pagine del quotidiano La Repubblica. Un “successo” in parte inatteso, tanto che solo dopo qualche giorno il giornale ha aperto la possibilità di sottoscriverlo on line, contribuendo ad una sua ulteriore diffusione.

È sicuramente un dato confortante verificare quanto ampia e diversificata sia la consapevolezza dei rischi derivanti dalla sostituzione di una “sapienza mistica”, diffusa ed indistinta alla fatica della ricerca e alla “conoscenza critica del passato”. Ma, in parte, non è certo sorprendente, in tempi di così forte contrapposizione identitaria e ideologica, che un appello a difesa della storia “bene comune” sia in grado di mobilitare coscienze e sensibilità, già particolarmente avvertite dei rischi dei tempi attuali.

Ma nel testo non si trova solo un allarme sui danni per la “vita culturale e civile del Paese” che possono derivare dal “soffocamento” della storia, confinata a “conoscenza residuale”. Esso contiene anche un richiamo forte alle responsabilità dei professionisti della ricerca storica. Anzi, è proprio da quel richiamo che prende corpo l’appello promosso da Giardina, Segre e Camilleri: la storia è “un sapere critico non uniforme, non omogeneo”; il compito degli storici consiste nel sottoporre le proprie idee “alle prove dei documenti e del dibattito”.

Questa autorevole riaffermazione dei principi fondanti della professione e del metodo storiografico costituisce il presidio ineludibile per una “difesa della storia”, che non voglia limitarsi ad una semplice dichiarazione di buoni propositi. Il rigore metodologico è la condizione necessaria a garantire la capacità della storia di diventare narrativa condivisa, in grado di sostenere quella funzione pubblica che la ricerca storica deve sapere assolvere.

Quel monito è rivolto, innanzitutto, alla pluralità di soggetti e competenze impegnati lungo tutta la filiera della conservazione, produzione e diffusione della “conoscenza critica del passato”; è su tutti questi diversi attori, e anche sui diversi operatori del mercato digitale sul quale noi operiamo, che ricade il compito di rafforzare e rinnovare il proprio impegno in difesa di “quel bene comune che si chiama storia”, di “trovare vie di contatto, moltiplicare i luoghi di incontro”.

L’autore della foto di copertina è Gael Varoquaux (flickr.com)