Sciopero generale oggi a Genova per l’oltraggio fascista

Genova, i fatti del luglio '60, e l'elezione di Sandro Pertini alla Presidenza della Repubblica
di 6 Luglio 2018 0

Le immagini inedite della British Pathé mostrano il volto della città ferita dopo gli scontri e le cariche della Celere al corteo antifascista organizzato il 30 giugno da PCI, PSI, PSDI, PRI, radicali e associazioni partigiane contro lo svolgimento, nella città medaglia d’oro della Resistenza, del Congresso del MSI (qui il filmato della Reuters, che mostra alcuni momenti della manifestazione e degli scontri).  

In questi giorni, più di mezzo secolo  fa – era il 1960 – l’Italia antifascista era in allarme per il timore di una svolta autoritaria della Repubblica e tra i protagonisti di quella battaglia a difesa del corso democratico del Paese va certamente ricordato l’ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini: “u  brichettu” lo chiamavano (il cerino in genovese) per il suo carattere fumantino, antifascista della prima ora, partigiano, giornalista, leader e parlamentare socialista nell’Italia liberata sin dagli albori (dalla Consulta nazionale) Presidente della Camera nella V e nella VI Legislatura (1968, 1972, qui la navigazione della documentazione sull’attività di Pertini alla Camera) poi Capo  dello Stato, eletto proprio 40 anni fa, l’8 luglio del 1978 (qui, nel nuovo Archivio storico del Quirinale) l’accesso alla documentazione online sull’attività di Sandro Pertini presidente.  Ma torniamo ai fatti del luglio 1960 (con un link al portale storico Fare gli italiani) e al contesto istituzionale.

Fotogramma del servizio Reuters

Da aprile (ma la prima investitura era del marzo) l’Italia era governata dal Fernando Tambroni, che aveva ottenuto la fiducia al suo esecutivo  – un monocolore DC – grazie ai voti determinanti dei fascisti del MSI. La decisione, all’inizio di giugno, del Movimento sociale italiano di tenere il proprio congresso a Genova, affidandone la presidenza a Carlo Emanuele Basile, prefetto di Genova durante la Repubblica Sociale Italiana, responsabile di torture e arresti di partigiani, fu interpretata dalle forze antifasciste come  una provocazione, avallata dal governo,  accusato di promuovere  uno scambio con i fascisti: “oggi le provocazioni fasciste sono possibili e sono protette perché in seguito al baratto di quei 24 voti, i fascisti sono nuovamente al governo, si sentono partito di governo” – aveva detto a Genova, in piazza della Vittoria, nel corso di un appassionato (e storico)  intervento alla grande manifestazione antifascista del 28 giugno Sandro Pertini –  “Le autorità romane sono particolarmente interessate e impegnate a trovare coloro che esse ritengono i sobillatori, gli iniziatori, i capi di queste manifestazioni di antifascismo” – diceva Pertini  riferendosi a quei giorni  carichi di tensione –  “ma non fa bisogno che quelle autorità si affannino molto: ve lo dirò io, signori, chi sono i nostri sobillatori: eccoli qui, eccoli accanto alla nostra bandiera: sono i fucilati del Turchino, della Benedicta, dell’Olivetta e di Cravasco, sono i torturati della casa dello Studente che risuona ancora delle urla strazianti delle vittime, delle grida e delle risate sadiche dei torturatori”.

Manifestazione contro il governo Tambroni © Fototeca Gilardi

La Cgil proclamava lo sciopero generale e il 30 giugno dunque circa centomila persone partecipavano a Genova al corteo contro il Congresso MSI: tra cariche della polizia, lancio di lacrimogeni, sassaiole e qualche guardia di sicurezza finita scaraventata nella fontana pubblica, la giornata si concluse con un bilancio pesante: 83 feriti. La gioventù lodata da Pertini due giorni prima –“Ai giovani, studenti e operai, va il nostro plauso per l’entusiasmo, la fierezza., il coraggio che hanno dimostrato. Finché esisterà una gioventù come questa nulla sarà perduto in Italia”  – era tornata in strada (nelle immagini vediamo di passaggio anche uno dei giovani con le magliette a strisce che resero storiche quelle giornate di mobilitazione)

Drammatica giornata di lotta antifascista nelle piazze di Genova“, titolava l’Avanti il giorno dopo, e nell’occhiello “il popolo è insorto contro l’oltraggio alla Resistenza” ; “Grande vittoria antifascista a Genova. Il congresso missino non avrà più luogo” erano invece i titoli del quotidiano socialista il 2 luglio.

Alla Camera e al Senato il ministro dell’Interno Giuseppe Spataro rispondeva alle interrogazioni urgenti presentate sui fatti di Genova, Pertini, nella seduta del 1 luglio a Montecitorio, respingeva  la ricostruzione della questura di Genova (disordini fomentati dai comunisti) sottolineando la partecipazione popolare alla manifestazione,  di studenti e professori – tra i quali i firmatari di una protesta stilata da 48 professori dell’università di Genova.
Nei giorni successivi altre violenze si susseguirono- contro Arrigo Boldrini, contro la sede del Partito radicale a Milano – vi furono scontri tra manifestanti e polizia con l’uccisione di un giovane a Licata, fino ad arrivare al 6 luglio a Roma, quando a Porta San Paolo, simbolo della Resistenza romana, la polizia caricò i manifestanti con idranti, jeep; anche i carabinieri a cavallo caricarono con violenza la folla, sotto la guida di Raimondo D’Inzeo, il noto campione di equitazione, che un mese dopo avrebbe vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma. Furono feriti i parlamentari Gianguido Borghese, Walter Audisio, Ambrogio Donini. “V’è un deputato all’infermeria della Camera!”, urlava Pajetta a Montecitorio interrompendo i lavori della Camera, “Un deputato è stato ferito!”, aggiungeva Luzzatto; i deputati di sinistra scendevano nell’emiciclo, “agitazione, tumulto”, racconta il resoconto stenografico della turbolenta seduta alla Camera del 6 luglio… 

Il giorno dopo la crisi raggiungeva il suo acme: durante una manifestazione sindacale a Reggio Emilia la polizia sparava sulla folla uccidendo 5 persone (Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Marino Serri, Afro Tondelli, Emilio Reverberi).  Sono “i morti di Reggio Emilia” (nel video dell’archivio della Fondazione AAMOD, i funerali).

L’8 luglio la Cgil proclamava lo sciopero generale, il 18 sessantuno  intellettuali cattolici firmavano un appello contro la svolta autoritaria e la collaborazione con i neofascisti. Il 19 giugno Tambroni rassegnava le dimissioni e con il governo di “restaurazione democratica “presieduto da Amintore Fanfani si gettavano le basi per l’apertura a sinistra.

Sandro Pertini “il combattente” – è il titolo del nuovo documentario dedicato al leader socialista – porterà al Quirinale, l’8 luglio 1978, lo spirito patriottico forgiato nella Resistenza (qui, in un servizio della Settimana Incom tra i protagonisti di un servizio del ’47  dai toni insoliti, elogiativi dei “guerrieri della clandestinità”,  nonostante il cinegiornale filogovernativo avesse già registrato l’esclusione delle sinistre dall’esecutivo di  De Gasperi) animatore di tante battaglie, come quelle dei fatti del luglio ’60, a difesa dell’ordinamento democratico.  Pertini interpreterà in modo attivo (o “creativo”) il suo ruolo presidenziale nei difficili anni del terrorismo, della crisi economica, della crisi di autorevolezza della classe dirigente – il primo presidente socialista della storia d’Italia succedeva al capo dello Stato Giovanni Leone, costretto alle dimissioni, il 15 giugno 1978, per lo scandalo Lockheed.

Quel Giovanni Leone che mandò su tutte le furie Pertini,  come racconta in questi giorni Stefano Caretti (qui intervistato da Lanfranco Palazzolo per Radio Radicale) svelando l’esistenza di una lettera inedita conservata dalla Fondazione Turati-Centro studi Sandro Pertini di Firenze scritta da Pertini al dirigente democristiano che aveva fatto del sarcasmo sull’ignoranza del leader socialista (“Analfabeta? Se tu avessi letto solo una parte di quello che ho letto io per vincere la solitudine del carcere e il peso del confino ti sentiresti una biblioteca ambulante. Quattordici anni di detenzione, sopportati anche per la tua libertà di dire e fare sciocchezze degradanti”…  Il “cerino” partigiano aveva ben chiaro quanto l’esperienza di combattente per la libertà avesse contribuito a far nascere quella Repubblica dalle ceneri del fascismo e quanto fossero stretti i rapporti tra cultura, etica e politica.  

Nel febbraio del 1960 era stato firmatario con Boldrini ed altri deputati di una proposta di legge contenente “Disposizioni per l’integrazione dei programmi relativi all’insegnamento della storia”  -dalla fine prima guerra mondiale  alla proclamazione della Repubblica con particolare riguardo alla storia della Resistenza  –  in cui si chiedeva, con l’occhio rivolto al ricambio generazionale, alle istituzioni di farsi promotrici di un progetto storia pubblica (e non di uso pubblico della storia) gettando un ponte tra il passato e il futuro.

 “La Resistenza non è il patrimonio di una parte del popolo italiano, è patrimonio inalienabile della nostra storia nazionale, è la radice storica e politica della nostra Repubblica”;  è dunque indispensabile  lo studio delle premesse storiche della Costituzione,  la lotta antifascista, da cui è scaturita e trae il suo valore concreto poiché, si leggeva nella proposta, “già oggi prevalgono nella scuola e ben presto entreranno nella vita gli adolescenti […] il vuoto alle spalle delle nuove generazioni può divenire insondabile voragine, se non viene lanciato tra passato e futuro quel ponte della consapevolezza storica che in tanti casi si è rilevato fragile e incerto”. 
La storia della Resistenza […] ha in sé […] i principi fondamentali che compongono la coscienza civile contemporanea […] Un giovane educato secondo questi principi non è più un giovane del mondo diviso, lacerato, sfiduciato nell’avvenire dell’umanità, ma un giovane in cui il nostro Paese e il mondo ripongono le loro speranze, la loro fiducia, la loro certezza sulla vittoria definitiva della civiltà.”

A pochi mesi dalla sua elezione a Presidente della Repubblica, il 12 ottobre 1978 tornava a Genova tra i portuali della Compagnia Unica, protagonisti delle giornate del ’60. Pertini parlava nel e al cuore del mondo dei giovani “camalli”, nella “Sala delle chiamate”, anche dell’Italia delle Brigate Rosse: “Dovete opporvi a coloro che cercano di insinuarsi nelle vostre file e che cercano anche di approfittare magari dei particolari stati d’animo in cui un giovane  può venirsi a trovare in momenti di angoscia per motivi di studio o perché disoccupato”…L’antidoto è ancora una volta l’impegno civile: “se non volete cari giovani, come io mi auguro, che la vostra vita scorra nuda, grigia, monotona, fate quello che abbiamo fatto noi alla vostra età: date alla vostra vita un’idea, una fede, fate che una fede illumini ogni giorno della vostra  giornata, ed allora voi non vi sentirete mai pentiti e sentirete che la vita vale la pena di essere vissuta


Il titolo dell’articolo di oggi riprende  l’apertura dell’Avanti del 30 giugno 1960; il ritratto di Sandro Pertini nell’immagine in evidenza è tratta dall’Archivio storico del Quirinale (qui il link alla sezione dell’Archivio fotografico contenente tutti i servizi sul Presidente Pertini) dal quale è tratto anche il Discorso ai Lavoratori della Compagnia Portuale di Genova del 12 ottobre 1978, appartenente ai Discorsi e messaggi del Presidente della Repubblica Alessandro Pertini (pp. 718-723) disponibili online