Una legge per difendere il buon nome della Polonia

di 6 Febbraio 2018 0


La legge votata nei giorni scorsi dal Senato polacco che prevede fino a tre anni di carcere per chi accusa la nazione o lo stato polacco di complicità con i crimini commessi dal Terzo Reich e che potrebbe essere firmata a breve dal Presidente Duda, sebbene si attenda un intervento della Corte Costituzionale (Poland’s President Supports Making Some Holocaust Statements a Crime, NYT di oggi 6 febbraio) ha riportato al centro del dibattito la questione della corresponsabilità di parte della popolazione nella persecuzione degli ebrei.

It is a duty of every Pole to defend the good name“: ha commentato l’ex primo ministro Beata Szydło.  Il provvedimento giunge dopo anni di dibattiti, riflessioni sul ruolo svolto da parte della popolazione nella persecuzione degli ebrei in Polonia, che, prima dell’occupazione tedesca nel ’39, contava la più grande comunità ebraica d’ Europa – 3 milioni e 200mila persone. Quasi la metà degli ebrei uccisi nei campi di concentramento nazisti morirono nei campi dislocati sul territorio polacco (Auschwitz, Treblinka and Sobibór): dislocati, dunque, non creati dallo Stato polacco ma dalla Germania di Hitler che aveva occupato militarmente il territorio. Se questo è vero, la possibilità di fare un discorso pubblico sulle corresponsabilità della popolazione nell’eccidio degli ebrei è stata messa più volte in discussione. Negli ultimi anni il teatro, la letteratura, l’arte hanno rappresentato un terreno di grande elaborazione e presa di coscienza per un discorso pubblico sulla partecipazione dei polacchi alle persecuzioni antisemite: Carla Tonini,  docente di storia dell’Europa Orientale, ne parlava diffusamente in un’intervista a Radio Radicale, ricordando il successo a Varsavia della pièce teatrale  Nasza klasa / Our Class, di Tadeusz Slobodzianek sul progrom di Jedwabne contro circa 400 ebrei,  un massacro, avvenuto nel 1941, che lo storico Jan Tomasz Gross

aveva ricostuito nel suo Neighbors: The Destruction of the Jewish Community in Jedwabne, Poland” attribuendone la responsabilità  non più tedeschi, come sostenuto fino al 2001, ma ai vicini non ebrei; o Apollonia di Krzysztof Warlikowski ( tra l’altro disponibile online grazie ad un accordo tra l’Istituto nazionale audiovisivo polacco e Google Cultural Institute). Quindi a parte i pogrom degli anni Trenta, negli anni dell’occupazione vi furono storie di delazioni, spesso motivate da motivi economici, desiderio di appropriazione dei beni degli ebrei perseguitati (descritto magistralmente dalla scrittice Savyon Liebrecht  in uno dei racconti Perle alla luce del giorno, pubblicato nel 2017).  
Nel secondo dopoguerra, nell’Europa liberata dall’incubo nazista, mentre i profughi e i sopravvissuti tornavano lentamente nei paesi di origine un’altra strage: il 4 luglio del 1946 a Kielce, nella Polonia meridionale, 42 ebrei furono uccisi e 40  feriti (derubati, percossi con fucili, pugnalati con baionette, scaraventati in un fiume…) dalla polizia, dalla milizia e da una folla inferocita scatenata dalla falsa notizia di un tentato rapimento perpetrato da un condominio ebraico (residenti in 7 Planty) ai danni di un bambino, Henryk Blaszczyk, per riti di sangue (si legga il racconto in un articolo del magazine dello Smithsonian Institution).

Le chiavi delle case degli ebrei uccisi a Jedwabne.

La legge attuale vuole quindi fare un passo indietro e cancellare il discorso pubblico sul passato che era emerso con coraggio in tutti questi anni.  Non stupisce la  battaglia combattuta dal governo conservatore del PIS (il partito Diritto e giustizia) guidato da Jarosław Kaczynski contro il Museo sulla seconda guerra mondiale di Danzica,  concepito nel 2008 dallo storico Pawel Machcewicz e sostenuto dal governo europeista di Donald Tusk per raccontare la guerra secondo una prospettiva internazionale e un narrazione non agiografica della storia nazionale polacca (A Museum Becomes a Battlefield Over Poland’s History, NYT del 9.11.2016). Scenari mondiali, la resistenza francese, danese, Katyn…e  tra gli oggetti in esposizione anche le chiavi delle case delle vittime del progrom di Jedwabne. 

Machcewicz alla 4° Conferenza dell’International Federation of Public History (2017)

Il governo conservatore, al potere dal 2015,  ha giudicato il museo antipatriottico, asservito alla Germania, ha spiegato Machcewicz lo scorso giugno alla 4° Conferenza dell’International Federation of Public History (IFPH) di Ravenna: il mito della nazione eroica, vittima sacrificale degli appetiti internazionali, deve scalzare ogni altra visione possibile della memoria e della storia.  Il museo diretto da Machcewicz è stato inaugurato nel marzo del 2017, ma successivamente incorporato in un altro museo, il Museo della battaglia di Westerplatte, realizzato dal governo ed affidato dal ministro della cultura Piotr Glinski ad un altro direttore Karol Nawrocki.

La mostra principale è già cambiata: un film che illustra le conseguenze a lungo termine della guerra è stato sostituito da un film d’animazione incentrato sull’esperienza polacca del XX secolo. Una scelta che per  Machcewicz rappresenta una tendenza isolazionista e xenofoba verso l’Europa sempre più estesa in Polonia (Amid Holocaust law, Poland gives its Second World War museum a nationalist rebrand, Jewish Chronicle, 2.2.2018)

Oggi il sito del Museo  si apre con una dichiarazione del primo ministro Mateusz Morawiecki che in un video istituzionale  – che assembla primi piani del politico e immagini dei campi di concentramento –  attacca le falsificazioni della storia per difendere la nuova legge di difesa del buon nome della Polonia.

La parola d’ordine su twitter #GermanDeathCamps campeggia a chiusura dell’intervento di Morawiecki; a cinguettare anche Inclitus Regnum, con i suoi 1921 followers o un Make Poland Great Again, fortunatamente seguito solo da 457 utenti.  


Risorse online

Il catalogo dei film online dell’Istituto nazionale audiovisivo polacco

Interviste di Radio Radicale a Carla Tonini

Il video in home pahe è tratto dall’archivio British Pathé: Clearing War Damage In Warsaw (1947)