Senza Rossetto diventa anche un documentario

Qualche riflessione sulla narrazione appena conclusa
di and 30 Novembre 2018 1

Il progetto Senza Rossetto, nato da un’idea di Emanuela Mazzina e Silvana Profeta come una raccolta di testimonianze delle donne che andarono a votare per la prima volta nel 1946, ha raggiunto una prima tappa: ha preso la forma di un documentario, diretto da Silvana Profeta.  Il film, che ha impegnato regesta.exe nell’insolito ruolo di produttore, è stato proiettato a Firenze lo scorso 22 novembre al Festival di Cinema e Donne di Firenze, la rassegna su cinema, arte e donne, che dagli anni Settanta “racconta le tracce della vita e della cultura femminile che la storia ufficiale non contempla”.  Nel corso della manifestazione le autrici, assieme alla montatrice Milena Fiore, hanno incontrato il pubblico per un confronto e un racconto sul progetto a due anni dalla presentazione, sempre al Festival, della versione pilota, il cortometraggio di Senza Rossetto, vincitore di un significativo riconoscimento assegnato da una giovanissima giuria di 300 studenti, il Premio Anna Magnani.

In questo articolo Silvana ed Emanuela ci restituiscono il loro sguardo empatico verso le donne di Senza Rossetto, che con le loro “memorie minute, emotive e nascoste” hanno composto nel documentario una narrazione aperta, complessa e polifonica; ma il lavoro continua e sullo sfondo, in secondo piano, se ne scorgono i primi passi (n.d.r.).

 

Silvana Profeta

Senza Rossetto è un progetto che raccoglie storie di donne, le une in relazione reciproca e dinamica con le altre, capaci di farsi racconto all’interno di una narrazione non – lineare che procede a ritmi alternati sfruttando contenitori e linguaggi diversi. E’ frutto d’incontri unici e degli sforzi reciproci tra le parti di interrogare, riattivare e ricomporre memorie intime e private, spesso ritenute irrilevanti o inaffidabili ma che, a mio modo di vedere, costituiscono le tracce vive della “grande storia”, che pretende di essere scienza obiettiva e lineare.
Il documentario nasce dall’esigenza di seguire queste tracce e di costruire una trama tessuta con i frammenti ottenuti attraverso il taglio delle testimonianze (operazione affatto neutra, ma che rinvia, quantomeno nelle intenzioni, ad un atto creativo e dialogico) per ricomporli ed innestarli all’interno di una narrazione complessa e polifonica. Una narrazione (che in questo lavoro assumiamo snodarsi intorno agli anni che precedono il 2 giugno del 1946, data che vede le donne italiane acquisire per la prima volta il diritto al voto e divenire soggetto politico) che si alimenta anche d’ immagini visive personali e d’archivio, così come di musiche, che fanno da sfondo, in modo onirico ed evocativo, ad un tempo contratto tra passato, presente ed oblio.

Nel montaggio, i frammenti che compongono la trama vengono giustapposti, in linea di massima, senza date, nomi di luoghi e di persone, insistendo su una sorta di “straniamento” al fine di sfuggire ad una narrazione didascalica e direttiva che privi, anche in chi guarda, della possibilità di stabilire i propri percorsi mnestici e interpretativi.

Il frammento, inteso in questo lavoro come unità a sé stante, si autodetermina, si autodefinisce in quanto tale, affermando un proprio diritto all’esistenza ma, al contempo, si alimenta della sporgenza verso il frammento che lo anticipa e che lo segue, stabilendo così nuove connessioni e facendo emergere storie inedite all’interno di una cornice di senso aperta e corale, in grado di r-accoglierle, alimentarle e valorizzarle, permettendo una rilettura della memoria collettiva attraverso il dipanarsi di memorie minute, emotive e nascoste, mai completamente date una volta per tutte e sempre interrogabili nel tempo.

Emanuela Mazzina

Senza Rossetto è nato dall’incontro di due persone – una antropologa visuale e un’archivista, che si sono messe insieme per provare a svolgere una riflessione – tra le tante – sul tema, portato in primo piano dalle celebrazioni del settantennale delle votazioni del 2 giugno 1946, del voto femminile.

L’idea di intervistare nel 2016 donne che avessero votato nel 1946 era un azzardo. Avremmo dovuto incontrare persone che avevano almeno 92 anni e chiedere che ricordassero un avvenimento di 70 anni prima. Il nostro interesse per loro era dovuto al loro ruolo speciale, all’interno della società di oggi, di essere state le prime a esercitare il diritto – ormai scontato per tutte, ma che era stato fino a allora negato alle donne – di votare.

Le donne che abbiamo incontrato, rintracciate attraverso amici e conoscenti, hanno risposto parlando di loro, inserendo nel racconto l’evento del primo voto femminile in Italia come uno dei tanti delle loro vite, da ricercare e ricostruire nei ricordi della loro giovinezza.

Le loro testimonianze entrano a far parte di una banca dati, che darà accesso guidato all’archivio delle registrazioni originali, con una scheda dedicata al singolo incontro, con i dati relativi alla data e agli intervenuti (intervistata, intervistatrici, operatori) e un montaggio dell’intervista, visibile integralmente, che offre il racconto dell’intervistata senza l’intervento delle intervistatrici. Ma ogni intervista viene anche descritta e sezionata in singoli segmenti, frammenti di racconto che potranno essere acceduti per temi, parole chiave, luoghi. A ogni scheda – intervista sarà collegata una scheda dedicata alla persona intervistata, attraverso la quale si potrà avere accesso anche ad eventuali documenti, immagini o testi, riguardanti l’intervistata, che ci sono stati messi a disposizione durante o dopo l’incontro.

La raccolta delle testimonianze non è finita e la progressiva alimentazione del sito è anche un’opportunità per trovare altre donne che abbiano voglia di raccontare la loro esperienza oltre che la presentazione pubblica del lavoro sull’archivio e la sua condivisione.

Per il momento, durante il lavoro di sistemazione del materiale raccolto, ciò che resta a me, archivista, è la ricchezza dell’incontro con le donne che ci hanno offerto i loro racconti, hanno condiviso i loro spazi, ci hanno regalato i loro ricordi. Spero di essere stata in grado di ascoltarle e di essere lo strumento che possa amplificare la loro voce.