“The Collection constitutes an inimitable documentary corpus for understanding the formation process of totalitarian regime”: così l’Unesco motiva l’iscrizione delle collezioni istituzionali Luce nel registro della memoria del mondo. L’affermazione potrebbe essere arricchita di mille sfumature: in fondo il corpus di “cinegiornali e fotografie dell’Istituto Nazionale L.U.C.E. ” incluso nel registro del patrimonio documentario appartenente all’umanità testimonia un’attività più complessa del regime, che con la fondazione della LUCE (ricordiamo L’Unione di cinematografia educativa originariamente) perseguiva almeno due finalità: istruzione e propaganda. Ecco allora i cinemobili per la propaganda agraria o il dietro le quinte della sezione scientifica affidata alle eccezionali capacità del documentarista Roberto Omegna.
La decisione dell’Unesco è di grandissimo valore per il pieno riconoscimento del valore delle fonti fotografiche ed audiovisive come fonti storiche. Ma è anche, indirettamente, un riconoscimento, un premio, alla politica di valorizzazione del proprio patrimonio promossa dall’Archivio storico Luce in questi anni fondata anche – per lo sviluppo tecnologico e l’organizzazione dei contenuti – sulla partnership di regesta.exe. L’ostinazione mostrata dalla dirigenza dell’Istituto – da Edoardo Ceccuti – nel perseguire l’obiettivo di aprire e socializzare – oggi diremmo condividere – la conoscenza di cui l’archivio è depositario, di restituirla all’intera comunità interpretando lo spirito del Programma Memoria del Mondo dell’Unesco – il patrimonio documentario del mondo appartiene a tutti, deve essere sempre accessibile a tutti senza ostacoli si legge – è stata instancabile e affonda le radici nel progetto – di circa 18 anni fa, dunque in tempi in cui gli archivi non si “aprivano” facilmente – promosso da Angelo Guglielmi di avviare la costruzione di una banca dati informatizzata. Nacque così il primo embrione del database attuale, inizialmente centrato sulla descrizione analitica del patrimonio filmico. La valorizzazione del materiale documentario posseduto fu evidente fin dall’inizio quando si scelse di non descrivere i beni posseduti – i film – seguendo il modello biblioteconomico – opzione largamente diffusa – ma di sviluppare un modello descrittivo autonomo, funzionale e condivisibile grazie all’adozione di regole internazionali pubblicate dalla Federazione Internazionale degli Archivi di Film. Nel 2001 si aggiunsero le serie fotografiche possedute dal Luce e il sistema informativo fu sviluppato ulteriormente per integrare un modulo di descrizione specifico. Mentre l’Archivio Luce iniziava la conversione digitale del patrimonio e regalava agli utenti del web la prima apertura pubblica con la realizzazione di un portale ove consultare liberamente metadati e risorse digitali, il progetto abbracciava pienamente le tecnologie web portando nel 2004 l’intero database su una piattaforma – xDams – totalmente web-based.
Tecnologia XML e organizzazione strutturata delle informazioni (il thesaurus LUCE, poi authority file) hanno consentito una gestione dinamica dei contenuti rendendo centrale la comunicazione delle informazioni: con la moltiplicazione di accessi ai dati e metadati, la costruzione di prodotti editoriali, l’integrazione con altre risorse disponibili sul web, lo scambio con altre piattaforme (da Europeana a You Tube). L’archivio è divenuto così un grande content provider multimediale. Se con lo sbarco in rete del portale “generalista” Luce ha permesso a tutti gli internauti di consultare gratuitamente ed in modo integrato migliaia di film e di fotografie corredati di metadati, con i portali tematici o territoriali ha proposto nuove aggregazioni di contenuti promuovendo il ri-uso dei documenti: l’area semantica della Politica individuata dal thesaurus ha alimentato i portali di Camera e Senato, quella dello Spettacolo il portale sul Cinema, quella geografica i portali territoriali del Veneto, di Roma, della Provincia di Roma. La capacità di raggiungere, attraverso la rete, un’utenza segmentata cui offrire contenuti specializzati ha creato anche occasioni di mercato delle risorse digitali: nuovi prodotti editoriali sono stati confezionati con il ri-uso dei documenti mentre la library digitale Luce, realizzata con tecnologie interoperabili è divenuta un modello di scambio, organizzazione, integrazione di dati verso altri provider, generando una domanda di nuovi servizi (la catalogazione, la gestione digitale delle risorse, la fruizione integrata di contenuti online).
La decisione dell’Unesco è di grandissimo valore per il pieno riconoscimento del valore delle fonti fotografiche ed audiovisive come fonti storiche. Ma è anche, indirettamente, un riconoscimento alla politica di valorizzazione del proprio patrimonio promossa dall’Archivio storico Luce in questi anni fondata anche sulla partnership di regesta.exe
E arriviamo al riconoscimento Unesco del fondo Luce, sostenuto da un buon progetto di candidatura portato avanti con intelligenza dalla Mediateca Luce, da ricercatori specialisti del settore, dal know how di regesta che per rendere immediata la consultazione ha realizzato un sito di navigazione delle collezioni – già catalogate e digitalizzate – oggetto della candidatura.
“L’auspicio è che questo riconoscimento al patrimonio italiano diventi il punto di partenza per una riflessione più generale sul valore fondativo della memoria nella prospettiva di una maggiore condivisione dei contenuti dei nostri giacimenti culturali, anche attraverso la tecnologia linked open data”: la proiezione dei contenuti digitali dell’Archivio auspicata dal direttore Ceccuti nello spazio globale dei dati per connettere infinite informazioni nella rete – già avviata con la codifica in SKOS del thesaurus LUCE – è dunque la naturale evoluzione della politica di apertura verso l’esterno e di condivisione della conoscenza promossa in questi anni dall’Archivio Luce e premiata dall’Unesco. La moltiplicazione dei collegamenti a dati esterni forniti da altri “soggetti produttori” di dati aperti inciderebbe in modo decisivo sulla qualità e sulla quantità dei dati disponibili grazie al riuso sistematico di vocabolari specifici e ontologie esistenti. Ma affinché il cerchio si chiuda in modo virtuoso è necessario che anche in Italia i detentori di archivi fotografici ed audiovisivi – spesso beni appartenenti alla collettività perché pubblici – una volta “scartati “ dalla visione i materiali sui quali non si possiedono i diritti, si impegnino finalmente ad aprire i loro archivi, abbracciando tecnologie “open” e riversando nella rete metadati e risorse digitali, appartenenti alla memoria del mondo.
In fondo l’Archivio Luce, con un riconoscimento così prestigioso emesso da una giuria internazionale, ha già indicato la direzione di marcia.